La Commissione d’inchiesta sugli illeciti ambientali ascolta il presidente del Consorzio Paolo Tomasi

15 Marzo 2017

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Resoconto della seduta

Sia le aziende della rigenerazione degli oli usati, attraverso certificazioni e report annuali, sia quelle che si occupano della raccolta, rappresentano un tessuto d’imprese competente ed efficace che il Consorzio obbligatorio degli oli usati ha selezionato negli anni imponendo standard qualitativi sempre più alti. Parola di Paolo Tomasi, presidente del COOU, ascoltato mercoledì 15 marzo dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Il numero uno del Consorzio ha assicurato che da due anni il sistema, avendo recuperato al mercato tutto quanto era possibile gestire senza il suo intervento diretto, “ha accelerato e reso più frequenti i controlli che incidono sulla qualità della filiera”. Tomasi ha precisato anche che “ogni quantitativo di lubrificante raccolto viene sottoposto ad analisi, sotto la responsabilità del Consorzio”. Queste analisi servono a stabilirne la migliore destinazione in base all’eventuale presenza di contaminanti.

Sollecitato dai parlamentari, il presidente COOU ha spiegato che esiste la possibilità che il corretto stoccaggio dei lubrificanti usati “possa non essere prassi condivisa da tutti” e che alcune aziende lo possano effettuare in modo scorretto, miscelandolo con contaminanti come l’acqua piovana che ne rendono problematico il miglior riutilizzo. Altra ipotesi di illecito potrebbe essere l’introduzione nell’olio usato di rifiuti più pericolosi e più costosi da smaltire. Tomasi ha garantito che il monitoraggio del Consorzio relativamente a questi comportamenti sarà riferito alla commissione stessa non appena disponibile, con il non secondario obiettivo di proporre iniziative normative a sostegno di una più efficace gestione del rifiuto.

Da segnalare che il nostro Paese, tra le forme di reimpiego, favorisce la rigenerazione, un processo che ha consentito all’Italia di arrivare a soddisfare il 30% della domanda di nuovi lubrificanti senza ricorrere alle importazioni, anche grazie a tecnologie sofisticate che consentono inoltre di lavorare partite di oli usati non in perfette condizioni, realizzando “un perfetto esempio di economia circolare”.

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